Molti ritengono che questa esperienza ci cambierà. Io, che vivo da sempre frequentando il dubbio, ancora non sono certa che questo si verificherà. E per raccogliere dati utili a prendere una posizione, ho iniziato con l’osservazione di me stessa. Dalle prime informazioni emerse, viene fuori che ci sono cose che non facevo prima, che non sto facendo nemmeno in quarantena e che molto probabilmente non farò neppure dopo, tentando di darmi un’allure diversa.
Per esempio:
CUCINARE: secondo i luoghi comuni duri a morire, mi riconfermo una donna da non sposare. Non cucinavo prima e non lo sto facendo nemmeno ora. Non che io non ne sia capace, ma se posso lo evito. Da donna fortunata sono sempre stata circondata da persone che lo facevamo per me. Quindi padelle, farine e impasti vari non mi hanno conquistata nemmeno in questa fase.
ESSERE PUNTUALE: chiusa in casa sono riuscita a fare tardi anche alle call e agli appuntamenti telefonici. Non mi commento e non mi giustifico. E non aggiungo altro per dignità.
ESSERE ABITUDINARIA: anche in questa eccezionale condizione in cui gli spazi di azione sono numericamente ridotti, io sono riuscita a mantenere le giornate una diversa dall’altra. Invertendo le stanze e mettendo in agenda con un ordine diverso gli stessi impegni, sono uscita vittoriosa dal subire il previsto della routine.
Dunque, da codesta primaria, sommaria e approssimativa analisi, mi verrebbe da pensare che se siamo come siamo, ci sarà un perché… E non è propriamente detto che questa brutta esperienza ci cambierà, e soprattutto che lo farà in meglio. Ma lo scopriremo solo vivendo…